Eroina in città: il rimedio esiste. E si chiama Ser.D.

Attivo il servizio sanitario per stroncare il fenomeno delle tossicodipendenze

venerdì 3 marzo 2017
A cura di Nicola Miccione
L'eroina, che tante vittime ha fatto negli anni '80, è droga ancora richiesta a Molfetta (i pazienti eroinomani residenti in città in cura nel 2016 sono stati fra i 70 e gli 80), anche se in misura minore. E gli ultimi ritrovamenti lo confermano: ci sono sempre più siringhe in giro per Molfetta, da via Giovine a via Madonna dei Martiri sino in via Doria.

All'eroina, col tempo, si sono affiancate altri stupefacenti, altre sostanze pericolose: in primis la cocaina, il cui costo è diminuito, diventando più accessibile sia per i tossicodipendenti sia per i giovani consumatori. Resta, però, un mostro che divora. Il rimedio, anche a Molfetta, esiste ed è rappresentato dal Dipartimento delle Dipendenze Patologiche, il servizio sanitario per stroncare il fenomeno delle tossicodipendenze attivo nella vicina Giovinazzo.

L'Azienda Sanitaria Locale ha scelto di localizzare questo organo in via Ricapito per favorire un approccio immediato ai propri cittadini. Al Ser.D. alla fine sono sempre i genitori ad affacciarsi, per invocare l'aiuto per i propri figli. In genere dopo quasi circa 5 anni di utilizzo ci si avvicina al Ser.D. Gli altri scoprono i servizi sociali seguendo una via obbligata, la segnalazione della Prefettura a seguito della commissione di crimini.

Già, perché la conseguenza più grave dell'uso delle droghe è quella dell'incremento degli episodi di criminalità sino ad arrivare nello spaccio, al controllo del territorio. «Chiunque sentisse l'esigenza di chiedere aiuto in un momento di difficoltà - afferma Antonio Taranto, psichiatra e direttore del Dipartimento delle Dipendenze Patologiche - può dunque farlo liberamente e gratuitamente presso il Ser.D.».

Una équipe composta da psichiatri, psicologi, assistenti sociali, educatori ed infermieri è pronta ad accogliere coloro che con coraggio non hanno paura di chiedere sostegno. «Si sfrutta il potere terapeutico di coesione del gruppo e, nei momenti di crisi, agisce lo psicologo: un giudice che non giudica - afferma ancora - ma il giudice che analizza».