E tu, cosa fai a Pasquetta? La giornata tipo del molfettese

Immancabile la tipica scampagnata, o le mete vicine gettonate con sorprese inaspettate

lunedì 17 aprile 2017
A cura di Isabel Romano
Lo sappiamo la Pasqua a Molfetta è uno dei momenti più attesi, vissuti intensamente, ricco di riti e tradizioni. Eppure ogni anno Pasqua porta con sé un dramma ricorrente, e non mi riferisco alla mattanza degli agnelli o al sacrificio di migliaia di uova di cioccolato. È il dramma di chi si ritrova di fronte ad una sola, terribile, implacabile domanda: che facciamo a Pasquetta?

A tale domanda parte di conseguenza e solitamente un brivido sulla schiena, e non è un brivido di freddo né tanto meno uno di piacere.

In molti delegano ad altri l'ardua decisione, ignari pronunciano la tipica frase molfettese "mi accodo a quello che fate voi" senza presagire l'effetto di quelle parole che talvolta diventano irrimediabilmente vincolanti, valgono più di un contratto firmato col sangue e in cui la remota possibilità di recesso e di avere l'ultima parola è scritta in una postilla perduta a fondo pagina. Per questo ho visto comitive sfasciarsi, guerre tra fazioni in cui la questione sul comprare o meno wurstel di pollo o di suino per la grigliata diventa l'ultima sfida per la sopravvivenza del proprio gruppo.

Sostanzialmente, però, i molfettesi si dividono tra coloro che decidono tutto all'ultimo minuto, della serie "va' dove ti porta la macchina e la benzina nel serbatoio", correndo il rischio dell'imprevisto, rimettendosi alla clemenza delle previsioni meteo; e quelli che invece a gennaio hanno stilato un programma dettagliato della gitarella fuori porta.

Per il molfettese generalmente Pasquetta significa giornata in campagna. Che sia una villetta, una distesa di cemento attorniata da terreno e due alberi, o una tettoia sgangherata in mezzo al terreno poco importa. Tutto il necessario è portato al momento, un corredo generalmente standard che prevede: tavoli e sedie di ogni fattura, pallone di cuoio da calcio e uno leggero per giocare a pallavolo (di quelli acquistati con due euro nel tragitto per andare in campagna e dunque rigorosamente usa e getta), eventuale attrezzatura per fare gavettoni, radio o pc per ascoltare la musica e dulcis in fundo la regina irrinunciabile di ogni uscita rustica, sua maestà la "fornacella". Pronta ad accogliere carne, pesce, polpi, crostacei e mettiamoci pure qualche verdura per restare leggeri, lei è il centro di gravità della giornata, in lei il "mestfuc" di turno riversa il suo sapere generazionale per domare il fuoco sacro della griglia, da lei si sprigiona la nebbia odorosa della verità che tutto impregna, è lei che decreta "il giullare" della compagnia con la prova dell'alcol per attizzare il fuoco.

Naturalmente dopo un pranzo che doveva essere solo un "pranzo a sacco veloce", ma che così non è, doverosa è la passeggiatina per le stradine di campagna armati ti bastoni di fortuna – manco si dovessero scalare le montagne più impervie – che non si sa per quale strano motivo si trasforma in una "passeggiata di genere": il gruppo delle femmine e il gruppo dei maschi.

Un'altra categoria a parte è costituita da coloro che decidono di passare tutta la giornata o solo parte di questa fuori città dirigendosi in località più o meno vicine: le mete più gettonate sono sempre le stesse, Polignano, Castel del Monte, Matera, i Laghi di Monticchio, la Foresta Umbra, San Giovanni Rotondo, Monte Sant'Angelo, Lecce ecc. ecc.

E proprio perché le mete sono sempre le solite che molte volte ti ritrovi a passeggiare beatamente per le strade di Polignano e improvvisamente saluti la vicina di casa, la nipote della "commara", l'ex compagno di banco del liceo, il tuo commercialista e pure i tuoi genitori. Praticamente mezza Molfetta.

Insomma, qualsiasi cosa decidiate di fare, buona Pasquetta a tutti.