Domenica una biciclettata alla scoperta di Torre Navarino e dell’Ulivo di Antignano
Iniziativa del progetto "Rediscovery of RurArt" finanziato dall'Unione Europea
giovedì 28 novembre 2024
Qualche giorno fa vi abbiamo presentato l'idea da parte di alcuni giovani molfettesi di dar vita ad un progetto finanziato dall'Unione Europea intitolato "Rediscovery of RurArt", cui scopo è quello di valorizzare il patrimonio artistico, storico e culturale delle città di Molfetta e Lucera.
Un progetto, questo, che inizia gradualmente a prendere forma grazie ad una biciclettata da noi organizzata che avrà luogo nella giornata di domenica 1° dicembre alle ore 10 a Piazza Cappuccini. Un tour questo che ci porterà nell'immenso verde e nelle strade della campagna molfettese arrivando fino alla leggendaria e mistica Torre Navarino e al celebre Ulivo di Antignano.
TORRE NAVARINO
Su Torre Navarino aleggiano diversi misteri e raccolti oltre ad una storia millenaria. Si tratta di un casale appartenente alla metà del Cinquecento, e situato al confine tra Terlizzi e Bisceglie, più nello specifico in contrada Macchia di Gadaleta, famiglia ai tempi proprietaria della torre. Il toponimo "Navarino" fu dato nel 1582 per la somiglianza di questa contrada con la regione spagnola di Navarra della quale era origine il marito dell'allora proprietaria Costanza Gadaleta. Ormai nascosto dagli ulivi secolari e parzialmente diroccato, è un complesso che a qualunque visitatore si presenta maestoso e desolato.
Oltre a trasudare tanta storia, Torre Navarino fa parlare di sé per i suoi misteri e le sue leggende che negli anni hanno attirato l'attenzione di appassionati del paranormale e non solo. Sembra infatti, che secondo alcune testimonianze di chi ha fatto visita al casale, ci siano degli spiriti appartenenti a tre briganti che spacciandosi per pellegrini, la notte del 26 marzo 1746 convinsero -per via della pioggia e delle temperature avverse-, a farsi ospitare dall'abate Gregorio Gadaleta per cercare viveri e un riparo per la notte. Si trattava di tre membri di una banda: Marco Cariati, Angelo Arcieri e Carmine Piturro. Approfittandosi della bontà dell'abate, però, i tre ladroni lo derubarono di qualsiasi oggetto di valore presente nell'abitazione, riuscendo a portare a casa un notevole bottino. Nonostante la loro fuga, i furfanti furono catturati alcuni mesi dopo al seguito della denuncia da parte del religioso al Tribunale del Regno a Trani, e consegnati alla giustizia nel 1747. Stesso anno questo, nel quale i tre furono dichiarati colpevoli e condannati a morte attraverso il rito dello squartamento di cadaveri nel luglio del 1749 proprio nel luogo del misfatto.
Le forche dei tre condannati furono posto nei pressi della torre, mentre i pezzi dei tre cadaveri furono sospesi negli alberi vicini. Il giorno successivo, inoltre, i membri della famiglia Gadaleta collocarono un'epigrafe -trafugata poi nel 1998- con la scritta "Il 4 luglio 1749 re Carlo III di Borbone fece in loco Alberini impiccare tre ladroni: M. Arceri, A. Cariati, C. Piturro, a tre alberi di ulivo". Da quel momento in poi, per onorare la giustizia fatta, la contrada assunse il nome di "Macchia delle Forche".
Una vicenda che ha lasciato sicuramente un segno indelebile fino ai giorni nostri a dimostrazione degli eventi inspiegabili fonti di alcune testimonianze. Dalla visione dei fantasmi dei tre briganti fino ad arrivare ad ascoltare quelle che probabilmente erano le loro stesse voci: tutti eventi da film dell'orrore.
ULIVO DI ANTIGNANO
Non presenta di certo una storia paranormale quella dell'Ulivo di Antignano: un maestoso ulivo alto 7 m, e presente nelle campagne molfettesi dal 1600 circa. Il nome deriva da Antignano, un quartiere della città di Napoli, luogo in passato di pellegrinaggio per onorare la resurrezione di Gesù Cristo. La leggenda, a questo proposito, racconta di come proprio durante un pellegrinaggio, un sacerdote raccolse questo ulivo benedicendolo, per poi portarlo e piantarlo a Molfetta nel fondo della sua proprietà dove si trova ancora oggi. Altre testimonianze storiche, invece, affermano come in realtà il nome derivi dalla denominazione della contrada facendo riferimento ad un possedimento di Antonio durante l'epoca romana, utilizzato prettamente come fondo agricolo.
Per tutti coloro che abbiano intenzione di partecipare a questa scampagnata alla scoperta dei patrimoni rurali presenti nel territorio molfettese, l'appuntamento, muniti di biciclette, è fissato per domenica 1° dicembre alle ore 10 a Piazza Cappuccini. Un modo questo non solo per ammirare rimanere a contatto con la natura, ma anche per ammirare questi pezzi di storia della nostra città non valorizzati a dovere. Per partecipare ci si può prenotare in DM tramite la pagina Instagram del progetto: _rurart_. A domenica!
Un progetto, questo, che inizia gradualmente a prendere forma grazie ad una biciclettata da noi organizzata che avrà luogo nella giornata di domenica 1° dicembre alle ore 10 a Piazza Cappuccini. Un tour questo che ci porterà nell'immenso verde e nelle strade della campagna molfettese arrivando fino alla leggendaria e mistica Torre Navarino e al celebre Ulivo di Antignano.
TORRE NAVARINO
Su Torre Navarino aleggiano diversi misteri e raccolti oltre ad una storia millenaria. Si tratta di un casale appartenente alla metà del Cinquecento, e situato al confine tra Terlizzi e Bisceglie, più nello specifico in contrada Macchia di Gadaleta, famiglia ai tempi proprietaria della torre. Il toponimo "Navarino" fu dato nel 1582 per la somiglianza di questa contrada con la regione spagnola di Navarra della quale era origine il marito dell'allora proprietaria Costanza Gadaleta. Ormai nascosto dagli ulivi secolari e parzialmente diroccato, è un complesso che a qualunque visitatore si presenta maestoso e desolato.
Oltre a trasudare tanta storia, Torre Navarino fa parlare di sé per i suoi misteri e le sue leggende che negli anni hanno attirato l'attenzione di appassionati del paranormale e non solo. Sembra infatti, che secondo alcune testimonianze di chi ha fatto visita al casale, ci siano degli spiriti appartenenti a tre briganti che spacciandosi per pellegrini, la notte del 26 marzo 1746 convinsero -per via della pioggia e delle temperature avverse-, a farsi ospitare dall'abate Gregorio Gadaleta per cercare viveri e un riparo per la notte. Si trattava di tre membri di una banda: Marco Cariati, Angelo Arcieri e Carmine Piturro. Approfittandosi della bontà dell'abate, però, i tre ladroni lo derubarono di qualsiasi oggetto di valore presente nell'abitazione, riuscendo a portare a casa un notevole bottino. Nonostante la loro fuga, i furfanti furono catturati alcuni mesi dopo al seguito della denuncia da parte del religioso al Tribunale del Regno a Trani, e consegnati alla giustizia nel 1747. Stesso anno questo, nel quale i tre furono dichiarati colpevoli e condannati a morte attraverso il rito dello squartamento di cadaveri nel luglio del 1749 proprio nel luogo del misfatto.
Le forche dei tre condannati furono posto nei pressi della torre, mentre i pezzi dei tre cadaveri furono sospesi negli alberi vicini. Il giorno successivo, inoltre, i membri della famiglia Gadaleta collocarono un'epigrafe -trafugata poi nel 1998- con la scritta "Il 4 luglio 1749 re Carlo III di Borbone fece in loco Alberini impiccare tre ladroni: M. Arceri, A. Cariati, C. Piturro, a tre alberi di ulivo". Da quel momento in poi, per onorare la giustizia fatta, la contrada assunse il nome di "Macchia delle Forche".
Una vicenda che ha lasciato sicuramente un segno indelebile fino ai giorni nostri a dimostrazione degli eventi inspiegabili fonti di alcune testimonianze. Dalla visione dei fantasmi dei tre briganti fino ad arrivare ad ascoltare quelle che probabilmente erano le loro stesse voci: tutti eventi da film dell'orrore.
ULIVO DI ANTIGNANO
Non presenta di certo una storia paranormale quella dell'Ulivo di Antignano: un maestoso ulivo alto 7 m, e presente nelle campagne molfettesi dal 1600 circa. Il nome deriva da Antignano, un quartiere della città di Napoli, luogo in passato di pellegrinaggio per onorare la resurrezione di Gesù Cristo. La leggenda, a questo proposito, racconta di come proprio durante un pellegrinaggio, un sacerdote raccolse questo ulivo benedicendolo, per poi portarlo e piantarlo a Molfetta nel fondo della sua proprietà dove si trova ancora oggi. Altre testimonianze storiche, invece, affermano come in realtà il nome derivi dalla denominazione della contrada facendo riferimento ad un possedimento di Antonio durante l'epoca romana, utilizzato prettamente come fondo agricolo.
Per tutti coloro che abbiano intenzione di partecipare a questa scampagnata alla scoperta dei patrimoni rurali presenti nel territorio molfettese, l'appuntamento, muniti di biciclette, è fissato per domenica 1° dicembre alle ore 10 a Piazza Cappuccini. Un modo questo non solo per ammirare rimanere a contatto con la natura, ma anche per ammirare questi pezzi di storia della nostra città non valorizzati a dovere. Per partecipare ci si può prenotare in DM tramite la pagina Instagram del progetto: _rurart_. A domenica!