Crescenzo Bartoli, la vendetta gli costa oltre 15 anni di carcere
L'omicida di Antonio Andriani condannato dal gup del Tribunale di Trani Raffaele Morelli
venerdì 19 gennaio 2018
11.00
15 anni e 4 mesi di reclusione, interdizione dai pubblici uffici, mantenimento durante la custodia personale e una provvisionale di 20mila euro a testa per ciascuna parte civile, la moglie e le figlie di Antonio Andriani. È questa la sentenza emessa per Crescenzo Bartoli, a processo per omicidio volontario.
Il 26 novembre 2016 ferì a colpi di pistola Antonio Andriani, 54enne, nel portone della sua abitazione di via Martiri di via Fani alla periferia di Molfetta e morto dopo alcune ore al Policlinico di Bari. «Futili motivi», spiegarono i Carabinieri della Compagnia di Molfetta, che due giorni dopo, al termine di otto ore di interrogatorio, arrestarono il 44enne molfettese, marito della nipote della vittima.
All'origine dell'omicidio ci sarebbero state le continue vessazioni che il killer avrebbe subito negli anni. O almeno così avrebbe raccontato ai militari diretti dal capitano Vito Ingrosso, alla presenza del suo avvocato e del magistrato tranese Giovanni Lucio Vaira, che ha poi firmato il provvedimento di fermo. L'uomo avrebbe detto di essere stanco dei continui dispetti da parte di Andriani.
Durante l'interrogatorio Bartoli, che riferì d'essersi procurato per caso la pistola, lo zio lo avrebbe umiliato più volte davanti ad altre persone, gli avrebbe rubato in un'occasione delle reti da pesca e minacciato di forargli gli pneumatici dell'auto, trovati poi effettivamente bucati. Sarebbe stata questa la goccia che ha fatto scatenare l'intento omicida.
Bartoli, secondo la ricostruzione fornita dai Carabinieri, avrebbe citofonato a casa dello zio, uno stabile in via Martiri di via Fani proprio di fronte al Comune di Molfetta, invitandolo a scendere. I due avrebbero litigato sul pianerottolo del piano rialzato, fino a quando la discussione sarebbe degenerata nel tragico epilogo.
Ieri, è arrivata la sentenza di primo grado e la condanna del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trani, Raffaele Morelli, al termine del giudizio con rito abbreviato. E Bartoli, il killer di Andriani, ha preso coscienza di quello che lo attende: il carcere. 15 anni e 4 mesi.
Il 26 novembre 2016 ferì a colpi di pistola Antonio Andriani, 54enne, nel portone della sua abitazione di via Martiri di via Fani alla periferia di Molfetta e morto dopo alcune ore al Policlinico di Bari. «Futili motivi», spiegarono i Carabinieri della Compagnia di Molfetta, che due giorni dopo, al termine di otto ore di interrogatorio, arrestarono il 44enne molfettese, marito della nipote della vittima.
All'origine dell'omicidio ci sarebbero state le continue vessazioni che il killer avrebbe subito negli anni. O almeno così avrebbe raccontato ai militari diretti dal capitano Vito Ingrosso, alla presenza del suo avvocato e del magistrato tranese Giovanni Lucio Vaira, che ha poi firmato il provvedimento di fermo. L'uomo avrebbe detto di essere stanco dei continui dispetti da parte di Andriani.
Durante l'interrogatorio Bartoli, che riferì d'essersi procurato per caso la pistola, lo zio lo avrebbe umiliato più volte davanti ad altre persone, gli avrebbe rubato in un'occasione delle reti da pesca e minacciato di forargli gli pneumatici dell'auto, trovati poi effettivamente bucati. Sarebbe stata questa la goccia che ha fatto scatenare l'intento omicida.
Bartoli, secondo la ricostruzione fornita dai Carabinieri, avrebbe citofonato a casa dello zio, uno stabile in via Martiri di via Fani proprio di fronte al Comune di Molfetta, invitandolo a scendere. I due avrebbero litigato sul pianerottolo del piano rialzato, fino a quando la discussione sarebbe degenerata nel tragico epilogo.
Ieri, è arrivata la sentenza di primo grado e la condanna del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trani, Raffaele Morelli, al termine del giudizio con rito abbreviato. E Bartoli, il killer di Andriani, ha preso coscienza di quello che lo attende: il carcere. 15 anni e 4 mesi.