Consiglio Comunale sulla sfiducia al sindaco, Mancini: «Voto contro Minervini»
Il consigliere comunale di Officine Molfetta è tra i firmatari della mozione di sfiducia
lunedì 29 novembre 2021
8.53
Pasquale Mancini conferma il proprio voto a favore della mozione di sfiducia nei confronti del sindaco Tommaso Minervini, oggi oggetto di discussione in Consiglio Comunale.
Un voto coerente con quanto già fatto dal consigliere di Officine Molfetta, tra i dodici sottoscrittori della mozione.
Mancini analizza le ore che hanno portato lo politica all'appuntamento odierno in Aula Carnicella dove si svolgerà, secondo lui «un Consiglio Comunale già scritto».
«Io voterò ovviamente contro ma non so se interverrò: il Consiglio Comunale è certamente il luogo deputato a discutere delle questioni politiche e amministrative della Città, ma la progressiva divergenza tra le operazioni di palazzo e gl'interessi della Città mi ha ormai da tempo portato ad affiancare agli interventi nell'acquario della politica anche una comunicazione diretta con i cittadini».
Un discorso, quello di Pasquale Mancini, che poi porta ad ampliare i pensieri anche sulla partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica e alla sua gestione.
«Quanta gente segue i consigli in streaming? Quanti hanno la voglia di andare a cercare, richiedere, leggere gli atti? Nessuno. Solo gli addetti ai lavori o chi ha qualche legittimo interesse. E la Città continua a non sapere e ad allontanarsi sempre più dalle verità non dette. Il disimpegno di Officine Molfetta dall'amministrazione con il ritiro dell'assessore De Gennaro non è stato determinato dalle vicende giudiziarie, ma dall'atteggiamento del sindaco rispetto alle vicende politiche, di amministrazione e solo in ultimo giudiziarie. Una scelta di immobilismo e di fuga dalle sue enormi responsabilità che non ci è piaciuta. Insomma un "tutto quel che volete basta che non mi devo alzare di qua.." che è un'offesa per chiunque - come me -si sia anche per un sol giorno fidato di lui».
«Molfetta - afferma ancora Mancini - è stata sempre una terra di lotta, di sperimentazione, di passioni civili, di ideali. Oggi la Città è spenta come le insegne dei suoi negozi più belli, la gente disinteressata, disincantata, assente. Si mette sempre più la testa nella sabbia, o la si gira dall'altra parte per non vedere, per non porsi domande, per "non avere fastidì" con un atteggiamento sempre più disamorato, passivo, quasi omertoso. E di questa involuzione non può non dirsi responsabile chi è seduto dodici ore al giorno a dettar legge su una città che forse non conosce nemmeno e che ha rinchiuso in un sua personale, asfittica visione, vecchia di almeno 40 anni».
«Qui non si tratta di bontà o simpatia, di destra o di sinistra. Qui si tratta di visione e di capacità».
Un voto coerente con quanto già fatto dal consigliere di Officine Molfetta, tra i dodici sottoscrittori della mozione.
Mancini analizza le ore che hanno portato lo politica all'appuntamento odierno in Aula Carnicella dove si svolgerà, secondo lui «un Consiglio Comunale già scritto».
«Io voterò ovviamente contro ma non so se interverrò: il Consiglio Comunale è certamente il luogo deputato a discutere delle questioni politiche e amministrative della Città, ma la progressiva divergenza tra le operazioni di palazzo e gl'interessi della Città mi ha ormai da tempo portato ad affiancare agli interventi nell'acquario della politica anche una comunicazione diretta con i cittadini».
Un discorso, quello di Pasquale Mancini, che poi porta ad ampliare i pensieri anche sulla partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica e alla sua gestione.
«Quanta gente segue i consigli in streaming? Quanti hanno la voglia di andare a cercare, richiedere, leggere gli atti? Nessuno. Solo gli addetti ai lavori o chi ha qualche legittimo interesse. E la Città continua a non sapere e ad allontanarsi sempre più dalle verità non dette. Il disimpegno di Officine Molfetta dall'amministrazione con il ritiro dell'assessore De Gennaro non è stato determinato dalle vicende giudiziarie, ma dall'atteggiamento del sindaco rispetto alle vicende politiche, di amministrazione e solo in ultimo giudiziarie. Una scelta di immobilismo e di fuga dalle sue enormi responsabilità che non ci è piaciuta. Insomma un "tutto quel che volete basta che non mi devo alzare di qua.." che è un'offesa per chiunque - come me -si sia anche per un sol giorno fidato di lui».
«Molfetta - afferma ancora Mancini - è stata sempre una terra di lotta, di sperimentazione, di passioni civili, di ideali. Oggi la Città è spenta come le insegne dei suoi negozi più belli, la gente disinteressata, disincantata, assente. Si mette sempre più la testa nella sabbia, o la si gira dall'altra parte per non vedere, per non porsi domande, per "non avere fastidì" con un atteggiamento sempre più disamorato, passivo, quasi omertoso. E di questa involuzione non può non dirsi responsabile chi è seduto dodici ore al giorno a dettar legge su una città che forse non conosce nemmeno e che ha rinchiuso in un sua personale, asfittica visione, vecchia di almeno 40 anni».
«Qui non si tratta di bontà o simpatia, di destra o di sinistra. Qui si tratta di visione e di capacità».