«Chi è Monsignore? Io sono don Tonino»: il racconto di Salvatore La Forgia
A 31 anni dal dies natalis, aneddoti che dimostrano l'umiltà e la semplicità dell'amato vescovo
sabato 20 aprile 2024
17.57
Sono trascorsi 31 anni dal dies natalis di don Tonino Bello, la cui figura resta viva nelle parole di quanti lo hanno conosciuto e stimato. Abbiamo raggiunto Salvatore La Forgia nella sede di Auser Molfetta, di cui lo stesso La Forgia è socio. L'intervistato ha condiviso con la redazione l'esperienza che lo lega a don Tonino.
«Il racconto riguarda mio fratello Mauro più che me. Lui purtroppo è deceduto qualche giorno fa e sono io qui a raccontarlo - esordisce - mio fratello insegnava a Palese, all'istituto agrario e, una volta in pensione, fu contattato da una collega del foggiano appartenente a Pax Christi, che gli chiese di invitare personalmente don Tonino a un convegno organizzato dalla stessa Pax Christi a Foggia».
Inizia così l'episodio risalente a circa 35 anni fa. «Mio fratello non era un uomo di chiesa, non aveva mai conosciuto il vescovo e chiese aiuto a me, che non ero in una situazione diversa dalla sua - continua La Forgia - così decidemmo di andare insieme a trovarlo in seminario. Quando entrammo non c'era nessuno, poi, salendo le scale, vedemmo un uomo semplice che ci accolse».
A quel punto i due fratelli gli dissero che stavano cercando monsignor Bello. Al sentir pronunciare quelle parole, l'uomo scoppiò a ridere.
«Chi è Monsignore?» - chiese loro, che lo guardarono stupiti.
«Io sono don Tonino, non dovete chiamarmi Monsignore».
I due fratelli, così, proposero a don Tonino di presenziare al convegno a Foggia. I suoi iniziali dubbi, legati al fatto di allontanarsi, seppur momentaneamente, dalla sua comunità parrocchiale, furono spazzati dalla bellezza dell'invito che aveva ricevuto.
I tre si recarono, quindi, a Foggia, dove don Tonino fu ospite della conferenza. «Ricordo che in quell'occasione c'era una signora dello staff che cercava di attaccare don Tonino ogni volta che lui interveniva - racconta - alla fine dell'incontro, la signora abbandonò l'aula e don Tonino la seguí, la prese in disparte e cercò un dialogo con lei. Dopo mezz'ora li vedemmo abbracciarsi e capimmo che era riuscito a convincerla a mettere da parte i dissapori».
Ma questi non furono gli unici due aspetti che colpirono Salvatore La Forgia e suo fratello Mauro.
«Al ritorno dal convegno, io e Mauro stavamo andando a casa ma don Tonino ci fermò e ci offrì la cena - continua - preparò le bruschette con olio e pomodorini, insisteva dicendo che non saremmo tornati a casa digiuni».
In quell'occasione don Tonino e Mauro Giuseppe La Forgia si scambiarono i numeri di telefono per tenersi in contatto.
«Pochi giorni dopo, don Tonino lo chiamò per la prima volta intorno alle nove di sera, invitandolo a fare una passeggiata – prosegue – Mauro accettò e pian piano diventò un incontro fisso: ogni sera si vedevano e don Tonino lo portava dai bisognosi, di solito in stazione dove c'erano i senzatetto oppure a lungomare, dove c'erano persone ubriache e che facevano uso di sostanze. Rimanevano in giro fino a mezzanotte nel tentativo di aiutare queste persone».
Affiorano ancora tante belle immagini di don Tonino alla mente di Salvatore, mentre racconta questi aneddoti.
«Io navigavo e partivo spesso per lavoro, per cui non ho avuto modo di trascorrere molto tempo insieme a don Tonino, ma l'ho vissuto molto dalle parole di mio fratello – conclude – per me rimarrà il vescovo-amico che, in tutta la sua umiltà, scherzava con noi e ci raccontava le barzellette».
«Il racconto riguarda mio fratello Mauro più che me. Lui purtroppo è deceduto qualche giorno fa e sono io qui a raccontarlo - esordisce - mio fratello insegnava a Palese, all'istituto agrario e, una volta in pensione, fu contattato da una collega del foggiano appartenente a Pax Christi, che gli chiese di invitare personalmente don Tonino a un convegno organizzato dalla stessa Pax Christi a Foggia».
Inizia così l'episodio risalente a circa 35 anni fa. «Mio fratello non era un uomo di chiesa, non aveva mai conosciuto il vescovo e chiese aiuto a me, che non ero in una situazione diversa dalla sua - continua La Forgia - così decidemmo di andare insieme a trovarlo in seminario. Quando entrammo non c'era nessuno, poi, salendo le scale, vedemmo un uomo semplice che ci accolse».
A quel punto i due fratelli gli dissero che stavano cercando monsignor Bello. Al sentir pronunciare quelle parole, l'uomo scoppiò a ridere.
«Chi è Monsignore?» - chiese loro, che lo guardarono stupiti.
«Io sono don Tonino, non dovete chiamarmi Monsignore».
I due fratelli, così, proposero a don Tonino di presenziare al convegno a Foggia. I suoi iniziali dubbi, legati al fatto di allontanarsi, seppur momentaneamente, dalla sua comunità parrocchiale, furono spazzati dalla bellezza dell'invito che aveva ricevuto.
I tre si recarono, quindi, a Foggia, dove don Tonino fu ospite della conferenza. «Ricordo che in quell'occasione c'era una signora dello staff che cercava di attaccare don Tonino ogni volta che lui interveniva - racconta - alla fine dell'incontro, la signora abbandonò l'aula e don Tonino la seguí, la prese in disparte e cercò un dialogo con lei. Dopo mezz'ora li vedemmo abbracciarsi e capimmo che era riuscito a convincerla a mettere da parte i dissapori».
Ma questi non furono gli unici due aspetti che colpirono Salvatore La Forgia e suo fratello Mauro.
«Al ritorno dal convegno, io e Mauro stavamo andando a casa ma don Tonino ci fermò e ci offrì la cena - continua - preparò le bruschette con olio e pomodorini, insisteva dicendo che non saremmo tornati a casa digiuni».
In quell'occasione don Tonino e Mauro Giuseppe La Forgia si scambiarono i numeri di telefono per tenersi in contatto.
«Pochi giorni dopo, don Tonino lo chiamò per la prima volta intorno alle nove di sera, invitandolo a fare una passeggiata – prosegue – Mauro accettò e pian piano diventò un incontro fisso: ogni sera si vedevano e don Tonino lo portava dai bisognosi, di solito in stazione dove c'erano i senzatetto oppure a lungomare, dove c'erano persone ubriache e che facevano uso di sostanze. Rimanevano in giro fino a mezzanotte nel tentativo di aiutare queste persone».
Affiorano ancora tante belle immagini di don Tonino alla mente di Salvatore, mentre racconta questi aneddoti.
«Io navigavo e partivo spesso per lavoro, per cui non ho avuto modo di trascorrere molto tempo insieme a don Tonino, ma l'ho vissuto molto dalle parole di mio fratello – conclude – per me rimarrà il vescovo-amico che, in tutta la sua umiltà, scherzava con noi e ci raccontava le barzellette».