Che cos’è il “triddo”?
Il piatto tipico delle feste molfettesi che è impossibile non conoscere... o quasi
lunedì 1 gennaio 2018
14.48
Che cos'è il "triddo"? Lo so, siete meravigliati dalla domanda, vi state chiedendo come può un molfettese chiedere cosa sia il triddo. Ancor più assurdo è pensare che qualcuno non l'abbia mai mangiato in vita sua.
Il giorno di Santo Stefano abbiamo pubblicato questa foto sulla pagina facebook di MolfettaViva, eravamo curiosi di sapere quanti di voi stessero mangiando questa pasta che fa tanto gola ai molfettesi, una tipicità che è legge immancabile nei menù delle festività. Come potete immaginare in tantissimi hanno commentato dicendo che naturalmente avevano appena terminato di gustare il proprio piatto di triddo rigorosamente con brodo di carne, altri "più innovatori" con brodi di pesce.
Altri invece chiedevano cosa fosse. È lì che il sangue molfettese si gela per un attimo. Com'è possibile? Dove vivono coloro che pongono questa insensata domanda?
C'è sicuramente da premettere che a seguirci non sono solo molfettesi e che in alcuni casi quello che noi chiamiamo "triddo" in altre località assume altre denominazioni. Mal tagliati, mille infranti, mallband, semola battuta o come vogliate chiamarlo in fondo parliamo della stessa cosa, di sfoglie di semola di grano duro impastata con uova e tanto prezzemolo tritato e spezzettate a mano in forme irregolari.
Naturalmente non possono mancare le varianti: c'è chi all'impasto ci aggiunge qualche cucchiaio di parmigiano o pecorino, che oltre alle uova impasta la semola con acqua salata o addirittura con lo stesso brodo di carne in cui il triddo viene poi cotto. Altri ci aggiungono un pizzico di noce moscata per un aroma più intenso, ma onestamente è meglio senza per esaltare e gustare tutto il sapore della pasta all'uovo fatta in casa.
Tutto qui? Sostanzialmente sì, ingredienti semplici e un procedimento altrettanto semplice che non nasconde insidie o grandi difficoltà. Ma in realtà c'è molto di più in quella che può sembrare una semplice pasta all'uovo. In ogni pezzetto irregolare di triddo c'è la tradizione, c'è l'essenza di una intera città che a questa usanza non può e non vuole rinunciare.
E ora basta, se no ci viene ancora fame!
Il giorno di Santo Stefano abbiamo pubblicato questa foto sulla pagina facebook di MolfettaViva, eravamo curiosi di sapere quanti di voi stessero mangiando questa pasta che fa tanto gola ai molfettesi, una tipicità che è legge immancabile nei menù delle festività. Come potete immaginare in tantissimi hanno commentato dicendo che naturalmente avevano appena terminato di gustare il proprio piatto di triddo rigorosamente con brodo di carne, altri "più innovatori" con brodi di pesce.
Altri invece chiedevano cosa fosse. È lì che il sangue molfettese si gela per un attimo. Com'è possibile? Dove vivono coloro che pongono questa insensata domanda?
C'è sicuramente da premettere che a seguirci non sono solo molfettesi e che in alcuni casi quello che noi chiamiamo "triddo" in altre località assume altre denominazioni. Mal tagliati, mille infranti, mallband, semola battuta o come vogliate chiamarlo in fondo parliamo della stessa cosa, di sfoglie di semola di grano duro impastata con uova e tanto prezzemolo tritato e spezzettate a mano in forme irregolari.
Naturalmente non possono mancare le varianti: c'è chi all'impasto ci aggiunge qualche cucchiaio di parmigiano o pecorino, che oltre alle uova impasta la semola con acqua salata o addirittura con lo stesso brodo di carne in cui il triddo viene poi cotto. Altri ci aggiungono un pizzico di noce moscata per un aroma più intenso, ma onestamente è meglio senza per esaltare e gustare tutto il sapore della pasta all'uovo fatta in casa.
Tutto qui? Sostanzialmente sì, ingredienti semplici e un procedimento altrettanto semplice che non nasconde insidie o grandi difficoltà. Ma in realtà c'è molto di più in quella che può sembrare una semplice pasta all'uovo. In ogni pezzetto irregolare di triddo c'è la tradizione, c'è l'essenza di una intera città che a questa usanza non può e non vuole rinunciare.
E ora basta, se no ci viene ancora fame!