Cellulari in cella: non luogo a procedere per padre e figlio di Molfetta

I due, accusati di aver tentato di far entrare in carcere due telefoni, sono stati prosciolti per «non aver commesso il fatto»

martedì 11 giugno 2024 16.07
A cura di Nicola Miccione
Non luogo a procedere per «non aver commesso il fatto»: Luigi Lagrasta e suo figlio Mario, di 65 e 35 anni, entrambi di Molfetta e finiti sotto processo per il reato di accesso indebito ai dispositivi idonei alla comunicazione da parte dei soggetti detenuti, sono stati dichiarati estranei ai fatti relativi al procedimento penale.

È l'esito dell'udienza che si è tenuta dinanzi al Tribunale di Matera (giudice Valerio Giovanni Antonio Sasso) lo scorso 21 maggio. Stando all'ipotesi accusatoria, i due erano accusati di aver tentato di far entrare all'interno del penitenziario lucano, dove era detenuto il 35enne - arrestato il 13 giugno 2023 a Molfetta, nel corso di una operazione contro lo spaccio di droga - due apparecchi cellulari nascosti in un anonimo pacco postale al cui interno era contenuto un utensile da cucina.

Un episodio accertato all'interno della casa circondariale di Matera, dagli agenti della Polizia Penitenziaria, che hanno scoperto il tentativo dei due molfettesi - il più giovane colmo di precedenti per reati contro la persona e il patrimonio - attraverso l'utilizzo di uno speciale scanner elettronico satellitare, un sistema a raggi x compatto per il controllo di plichi postali, documenti e di piccoli pacchi. I due cellulari sono stati sequestrati, mentre i due, padre e figlio, sono finiti alla sbarra.

Entrambi - il padre è stato assistito dall'avvocato Bartolomeo Morgese - ritenuti responsabili del reato previsto dall'articolo 391 ter del codice penale, accusati di avere fatto entrare in carcere due apparecchi idonei ad effettuare le comunicazioni, sono stati scagionati da ogni responsabilità. Le motivazioni entro 90 giorni.