C'è la banda made in Molfetta dietro gli ordigni a d'Ingeo?
Secondo i Carabinieri potrebbero essere stati loro ad aver agito contro l'attivista del Liberatorio
sabato 8 settembre 2018
11.01
I componenti della banda made in Molfetta sgominata ieri dai Carabinieri della locale Compagnia «sono stati anche segnalati per altri reati contro il patrimonio e per resistenza a pubblico ufficiale nonché per aver compiuto atti vandalici e dinamitardi in danno di alcuni commercianti e privati del posto».
Ebbene, tra questi «commercianti e privati del posto» ci sarebbe anche Matteo d'Ingeo, coordinatore del movimento civico Liberatorio Politico, destinatario di un ordigno che il 16 giugno scorso è stato piazzato davanti alla porta della propria casa, al primo piano di un condominio di via Sella, di cui fu forzato il portone. Il boato fu fragoroso, la porta blindata andò distrutta. Senza dimenticare il petardo esploso lo scorso 1 marzo.
Subito dopo la seconda esplosione è cominciato il rito dei rilievi e dell'ascolto in caserma, dove i Carabinieri, diretti dal capitano Vito Ingrosso, si sono soffermati su alcune delle questioni più calde trattate dall'ex consigliere comunale negli ultimi mesi: il porto innanzitutto, con il processo che coinvolge l'ex sindaco (ed ex senatore di Forza Italia) Antonio Azzollini, ed in cui proprio il Liberatorio Politico è parte civile.
Ed ancora: le denunce sui giostrai e le presunte collusioni con la criminalità organizzata. E poi i numerosi articoli pubblicati sul suo blog, quello del movimento civico Liberatorio Politico, sulle questioni ambientali, sulle autorizzazioni agli esercizi commerciali rilasciate dall'amministrazione comunale, sull'uso del suolo pubblico da parte dei commercianti ambulanti.
Tutte tematiche che potrebbero aver dato fastidio a qualcuno che potrebbe poi aver armato le mani dei membri della gang molfettese, a cui sono contestati - al momento - due episodi di ricettazione di motocicli con tentativo di vendita di uno dei mezzi rubati, due furti di pneumatici, nonché l'incendio di due autovetture in uso ai giovani, successivamente distrutte perché ritenute ormai non più sicure, venendo poi simulatamente denunciate quali oggetti di furto.
I cinque molfettesi, di 32, 26, 21, 19 e 18 anni, sono sospettati di essere coinvolti negli attentati dinamitardi a d'Ingeo, mentre l'attività investigativa, che punta a scoprire i mandanti occulti è appena entrato nel vivo. Chi sono? Chi ha armato la mano degli esecutori materiali per poi nascondere abilmente la propria?
Ebbene, tra questi «commercianti e privati del posto» ci sarebbe anche Matteo d'Ingeo, coordinatore del movimento civico Liberatorio Politico, destinatario di un ordigno che il 16 giugno scorso è stato piazzato davanti alla porta della propria casa, al primo piano di un condominio di via Sella, di cui fu forzato il portone. Il boato fu fragoroso, la porta blindata andò distrutta. Senza dimenticare il petardo esploso lo scorso 1 marzo.
Subito dopo la seconda esplosione è cominciato il rito dei rilievi e dell'ascolto in caserma, dove i Carabinieri, diretti dal capitano Vito Ingrosso, si sono soffermati su alcune delle questioni più calde trattate dall'ex consigliere comunale negli ultimi mesi: il porto innanzitutto, con il processo che coinvolge l'ex sindaco (ed ex senatore di Forza Italia) Antonio Azzollini, ed in cui proprio il Liberatorio Politico è parte civile.
Ed ancora: le denunce sui giostrai e le presunte collusioni con la criminalità organizzata. E poi i numerosi articoli pubblicati sul suo blog, quello del movimento civico Liberatorio Politico, sulle questioni ambientali, sulle autorizzazioni agli esercizi commerciali rilasciate dall'amministrazione comunale, sull'uso del suolo pubblico da parte dei commercianti ambulanti.
Tutte tematiche che potrebbero aver dato fastidio a qualcuno che potrebbe poi aver armato le mani dei membri della gang molfettese, a cui sono contestati - al momento - due episodi di ricettazione di motocicli con tentativo di vendita di uno dei mezzi rubati, due furti di pneumatici, nonché l'incendio di due autovetture in uso ai giovani, successivamente distrutte perché ritenute ormai non più sicure, venendo poi simulatamente denunciate quali oggetti di furto.
I cinque molfettesi, di 32, 26, 21, 19 e 18 anni, sono sospettati di essere coinvolti negli attentati dinamitardi a d'Ingeo, mentre l'attività investigativa, che punta a scoprire i mandanti occulti è appena entrato nel vivo. Chi sono? Chi ha armato la mano degli esecutori materiali per poi nascondere abilmente la propria?