Bonifica delle ex Acciaierie, in 13 a processo: tutti assolti, anche un molfettese
Ieri la sentenza: il giudice ha scagionato l'ex sindaco Depalma e altre 12 persone «per non aver commesso il fatto»
sabato 15 luglio 2023
8.27
Tutti assolti dall'accusa di omessa bonifica dell'area delle ex Acciaierie e Ferriere Pugliesi di Giovinazzo «per non aver commesso il fatto». Questo il verdetto del giudice della prima sezione penale del Tribunale di Bari, Antonio Donato Coscia, che ha scagionato l'ormai ex sindaco Tommaso Depalma e altre dodici persone.
A processo, fra imprenditori e proprietari, erano finiti Pasquale Capursi, imputato di Molfetta difeso dagli avvocati Michele Gaetano Gigante e Felice Petruzzella, con Domenico Piscitelli, Antonio Labombarda, Damiano Nocera, Mauro Bavaro, Michele Naglieri, Felice Labianca, Anna De Santis, Vincenzo Capozza, Ruggiero Delnegro, Nicola Scivetti e Saverio Ignomiriello. Erano accusati di aver violato l'articolo 452 terdecies del codice penale che prevede sino a 4 anni di reclusione.
Il giudice, invece, nell'udienza di ieri, ha accolto le argomentazioni delle difese degli imputati, citati in giudizio dalla Procura della Repubblica di Bari «per non aver, in concorso tra loro, provveduto alla bonifica ordinata con provvedimento della Città Metropolitana di Bari», risalente al 12 settembre 2018. Era il 1984 quando fu deliberato lo smantellamento del siderurgico: da allora s'iniziò a parlare della bonifica di un territorio vasto 98mila metri quadri. Recupero, di fatto, mai avvenuto.
In quell'area, durante gli anni, l'Arpa Puglia ha accertato il superamento dei limiti consentiti di CsR (Concentrazione soglia di Rischio) delle sostanze inquinanti e materiali di scarto. Nel 2018, inoltre, il Comune di Giovinazzo non avrebbe dato seguito all'ordinanza n. 4.984 della Città Metropolitana di Bari (le indagini sono partite proprio da un loro esposto) che imponeva, per i proprietari di suoli e capannoni, la bonifica del sito entro 120 giorni, non rivalendosi nemmeno su di essi.
Nessuno, secondo il pubblico ministero Baldo Pisani avrebbe «provveduto alla bonifica del sito», interessato «dall'ex stabilimento e dagli scarti di lavorazione di fonderia depositati sul suolo di lama Castello». In giudizio si erano costituite tre parti civili fra cui il Ministero dell'Ambiente, mentre l'ex sindaco, che sui social ha parlato di «un'altra vetta superata» dedicando l'assoluzione «a chi mi ha voluto bene», già nel 2021 assicurò di essersi attivato per la bonifica dell'area pubblica.
Per l'accusa «nessuno dei vari soggetti intimati alla bonifica ha assunto iniziative funzionali all'adempimento del provvedimento stesso», emesso dalla uffici della Città Metropolitana. Una teoria, però, che non ha retto al cospetto del Tribunale di Bari, in attesa di leggere le motivazioni, che saranno rese note entro 90 giorni.
A processo, fra imprenditori e proprietari, erano finiti Pasquale Capursi, imputato di Molfetta difeso dagli avvocati Michele Gaetano Gigante e Felice Petruzzella, con Domenico Piscitelli, Antonio Labombarda, Damiano Nocera, Mauro Bavaro, Michele Naglieri, Felice Labianca, Anna De Santis, Vincenzo Capozza, Ruggiero Delnegro, Nicola Scivetti e Saverio Ignomiriello. Erano accusati di aver violato l'articolo 452 terdecies del codice penale che prevede sino a 4 anni di reclusione.
Il giudice, invece, nell'udienza di ieri, ha accolto le argomentazioni delle difese degli imputati, citati in giudizio dalla Procura della Repubblica di Bari «per non aver, in concorso tra loro, provveduto alla bonifica ordinata con provvedimento della Città Metropolitana di Bari», risalente al 12 settembre 2018. Era il 1984 quando fu deliberato lo smantellamento del siderurgico: da allora s'iniziò a parlare della bonifica di un territorio vasto 98mila metri quadri. Recupero, di fatto, mai avvenuto.
In quell'area, durante gli anni, l'Arpa Puglia ha accertato il superamento dei limiti consentiti di CsR (Concentrazione soglia di Rischio) delle sostanze inquinanti e materiali di scarto. Nel 2018, inoltre, il Comune di Giovinazzo non avrebbe dato seguito all'ordinanza n. 4.984 della Città Metropolitana di Bari (le indagini sono partite proprio da un loro esposto) che imponeva, per i proprietari di suoli e capannoni, la bonifica del sito entro 120 giorni, non rivalendosi nemmeno su di essi.
Nessuno, secondo il pubblico ministero Baldo Pisani avrebbe «provveduto alla bonifica del sito», interessato «dall'ex stabilimento e dagli scarti di lavorazione di fonderia depositati sul suolo di lama Castello». In giudizio si erano costituite tre parti civili fra cui il Ministero dell'Ambiente, mentre l'ex sindaco, che sui social ha parlato di «un'altra vetta superata» dedicando l'assoluzione «a chi mi ha voluto bene», già nel 2021 assicurò di essersi attivato per la bonifica dell'area pubblica.
Per l'accusa «nessuno dei vari soggetti intimati alla bonifica ha assunto iniziative funzionali all'adempimento del provvedimento stesso», emesso dalla uffici della Città Metropolitana. Una teoria, però, che non ha retto al cospetto del Tribunale di Bari, in attesa di leggere le motivazioni, che saranno rese note entro 90 giorni.