Barche attraccate. I giorni di protesta della marineria molfettese
Parola agli armatori: «Si al rispetto delle regole per tutti ma noi rischiamo il collasso»
lunedì 6 marzo 2017
Quattro lunghi giorni di sciopero. Pescherecci attraccati alla banchina mentre gli armatori, i comandanti e anche i semplici pescatori erano in piazza a Roma: troppo stringenti per la pesca italiana le misure varate dall'Unione Europea, troppo alte le sanzioni a cui la marineria è esposta, tanto da rischiare la fine di un intero settore che, nella sola Molfetta, permette ad oltre un migliaio di famiglie ( tra operatori diretti e operatori dell'indotto) di vivere.
Al centro della questione la Legge numero 154 del 2016 la quale dispone sanzioni fino a 150 mila Euro, oltre a decurtazioni dei punti delle patenti nautiche, delle licenze di pesca e il sequestro delle attrezzature per la pesca, nel caso in cui nella rete finiscano pesci sotto misura, anche accidentalmente come un tonno o un pesce spada per chi effettua la pesca a lampara oppure un merluzzo per chi svolge la pesca a strascico.
«Viviamo nel terrore di lavorare, ormai. Non è più possibile continuare così. Se un pesce sotto misura finisce nella mia rete cosa posso fare? Darlo in beneficenza, accollandomi tutte le spese, oppure effettuare il rigetto in mare con una procedura ben precisa se non voglio incappare nella sanzione. 150 mila Euro significa lavorare settimane, ogni notte, per pagare l'eventuale multa. E ai marinai e nelle nostre case che resta? Niente», è l'amaro sfogo di un armatore.
Così da martedì a venerdì tutti hanno deciso di incrociare le dita e farsi sentire molti recandosi direttamente nella Capitale dove la protesta ha coinvolto gli addetti di tutta Italia. Una iniziativa partita direttamente da chi lavora sui pescherecci che non si sentirebbe più rappresentato dalle associazioni di categoria che, dicono, avrebbero speso troppo tempo tra tavoli tecnici e burocrazia e poco a capire cosa avviene quotidianamente nel corso di una battuta di pesca.
Adesso bisogna attendere quindici giorni: tanti quelli che ha chiesto Giuseppe Castiglione, sottosegretario alle politiche agricole con delega alla pesca, per capire se è possibile trovare una soluzione che soddisfi le direttive comunitarie e tenga conto delle esigenze del mondo della pesca.
«Noi vogliamo solo lavorare, rispettando le leggi come sempre abbiamo fatto, ma senza rischiare di arrivare al collasso. Sappiamo che c'è bisogno di buon senso da parte di tutti e noi siamo i primi a voler rispettare il mare e a pretendere che il mare venga rispettato ma bisogna anche capire che non è possibile pagare multe così alte, soprattutto per la pesca accidentale. Si rischia seriamente la fine del settore», spiega Michele Gadaleta, armatore molfettese e presidente dell'organizzazione di produttori "Lampare italiane" che riunisce diverse lampare dell'Adriatico, appartenenti alla marineria di Molfetta, Bisceglie e dell'Abruzzo.
Al centro della questione la Legge numero 154 del 2016 la quale dispone sanzioni fino a 150 mila Euro, oltre a decurtazioni dei punti delle patenti nautiche, delle licenze di pesca e il sequestro delle attrezzature per la pesca, nel caso in cui nella rete finiscano pesci sotto misura, anche accidentalmente come un tonno o un pesce spada per chi effettua la pesca a lampara oppure un merluzzo per chi svolge la pesca a strascico.
«Viviamo nel terrore di lavorare, ormai. Non è più possibile continuare così. Se un pesce sotto misura finisce nella mia rete cosa posso fare? Darlo in beneficenza, accollandomi tutte le spese, oppure effettuare il rigetto in mare con una procedura ben precisa se non voglio incappare nella sanzione. 150 mila Euro significa lavorare settimane, ogni notte, per pagare l'eventuale multa. E ai marinai e nelle nostre case che resta? Niente», è l'amaro sfogo di un armatore.
Così da martedì a venerdì tutti hanno deciso di incrociare le dita e farsi sentire molti recandosi direttamente nella Capitale dove la protesta ha coinvolto gli addetti di tutta Italia. Una iniziativa partita direttamente da chi lavora sui pescherecci che non si sentirebbe più rappresentato dalle associazioni di categoria che, dicono, avrebbero speso troppo tempo tra tavoli tecnici e burocrazia e poco a capire cosa avviene quotidianamente nel corso di una battuta di pesca.
Adesso bisogna attendere quindici giorni: tanti quelli che ha chiesto Giuseppe Castiglione, sottosegretario alle politiche agricole con delega alla pesca, per capire se è possibile trovare una soluzione che soddisfi le direttive comunitarie e tenga conto delle esigenze del mondo della pesca.
«Noi vogliamo solo lavorare, rispettando le leggi come sempre abbiamo fatto, ma senza rischiare di arrivare al collasso. Sappiamo che c'è bisogno di buon senso da parte di tutti e noi siamo i primi a voler rispettare il mare e a pretendere che il mare venga rispettato ma bisogna anche capire che non è possibile pagare multe così alte, soprattutto per la pesca accidentale. Si rischia seriamente la fine del settore», spiega Michele Gadaleta, armatore molfettese e presidente dell'organizzazione di produttori "Lampare italiane" che riunisce diverse lampare dell'Adriatico, appartenenti alla marineria di Molfetta, Bisceglie e dell'Abruzzo.