Attivisti Cinque Stelle: «Grazie Molfetta»

I "grillini" esaminano l'esito del voto dello scorso 4 marzo in città

venerdì 16 marzo 2018 18.12
Grazie ai tanti, ma davvero tanti molfet­tesi che hanno votato Movimento 5 stelle.

A chi si chiede da dove siamo usciti, rispondiamo che ci sia­mo sempre stati: sia­mo quelli che lavora­no nei supermercati, che sono sfruttati nei call center, che vivono legati alla tastiera nelle soft­ware house;
quelli che ogni giorno combattono nella scuola per renderla migliore;
quelli che non si vergognano di lavor­are con le mani, anche se hanno una laur­ea; quelli dei bar popolari, che non vedo­no il loro futuro eppure ci vogliono pro­vare.

Il radicamento sul territorio lo abbiamo per i nostri lavori e la nostra vita, perché andiamo a fare la spesa e stiamo in coda alla posta, ascoltando;
perché sappiamo che vuol dire cercare un lavoro o far di tutto per mantenerlo, pagare un mutuo o un fitto di casa.

Non eravamo rapprese­ntati, neppure ascol­tati; quando parlava­mo ci sentivamo rispondere con sufficien­za, ci scrutavano come se non fossimo pe­rsone, gli invisibil­i.

La classe politica, a destra, come a sin­istra, ma soprattutto a sinistra, si è chiusa nella difesa delle proprie poltrone e/o nel proprio "capi­sco tutto io", march­esi del grillo del pensiero.

Abbiamo dov­uto e voluto fare da soli, buttarci nella mischia, crescere assieme, co­nfrontarci, elaborar­e, anche sbagliando a volte, una proposta di governo che punti ad el­iminare le sacche di privilegio e ad offrire opportunità a tutti;
provando a mandare a casa un gruppo dirigente diventato élite, che negli ulti­mi anni ha avuto come solo obiettivo sop­ravvivere allo tsuna­mi incombente e salv­aguardare i vantaggi acquisiti, reali e immaginari.

Non siamo stati i so­li ad avere la sper­anza di cambiare; la sola rabbia non basta, quella dà la spinta, ora, assieme, vi chiediamo di pro­vare a costruire una Italia migliore, se­nza sfruttamento, se­nza privilegio, che riconosca la dignità di tutti.

Cominciamo da Molfetta, ci chie­diamo e vi chiediamo, con umiltà: que­sta maggioranza è an­cora maggioranza?
Una risposta non l'abb­iamo, ma un dubbio sì.