Attacco alla movida, Mortellaro: «Azioni per imporre le agenzie di sicurezza»
Quattro episodi in 24 giorni fra Bisceglie, Giovinazzo e Molfetta. Per il criminologo «in questo modo l'estorsione diventa digeribile»
lunedì 6 maggio 2024
8.33
«La movida non è uno strumento, ma è un contesto nel quale la camorra barese ha capito che si fanno affari d'oro». A commentare i quattro incendi sulla costa a nord di Bari verso altrettanti locali è il criminologo Domenico Mortellaro secondo il quale «la movida è un amplificatore naturale della domanda di stupefacenti».
Per gli investigatori, i quattro roghi in 24 giorni da Bisceglie a Giovinazzo passando per Molfetta hanno le caratteristiche di un messaggio intimidatorio, anche se sinora non c'è alcuna richiesta estorsiva. Il primo episodio è avvenuto a Giovinazzo, ai danni del cocktail bar Fronte del Porto, il 2 aprile, lo stesso giorno in cui ha preso fuoco il Satori Mystical Sensations Land, mentre il 10 aprile è stato il lido e ristorante Tuka Beach, a Bisceglie, il teatro di un tentativo di danneggiamento.
Venerdì 26 aprile, infine, un altro rogo ha colpito il neonato Sacro, a Molfetta. «Bisceglie, Giovinazzo e Molfetta - ha spiegato Mortellaro - avevano organizzazioni criminali autoctone di riferimento che lavoravano anche da trent'anni su quei territori. Non hanno mai imposto le estorsioni per il semplice fatto che l'estorsione è percepita spesso come un reato odioso da chi lo subisce e, quindi, nessuna organizzazione fortemente radicata ha voglia di essere percepita in questo modo».
Nel frattempo, però, «quelle organizzazioni sono state polverizzate dalle inchieste, dalle operazioni giudiziarie e molto spesso sono state sostituite da personale criminale poco qualificato. In quell'iniziale vuoto di potere chi era scampato a quei blitz - ha detto ancora Mortellaro - ha provato a rimettere su qualcosa, ma non ha i contatti, non ha il know-how e non ha le forze per rispondere alla domanda qualificata di stupefacenti. E quindi si rivolge a Bari perché da Bari si rifornisce».
I clan del capoluogo, dunque, «da cinque anni presidiano questi territori con i loro "guastatori". Osservano, valutano, riforniscono i territori e spesso suppliscono alla domanda quando gli autoctoni non ce la fanno», è il ragionamento di Mortellaro. I roghi non hanno causato un danno totale, ma gli arredi si sono sciolti sotto il fuoco. Incendi di questo tenore «sono fastidiosissimi per una riapertura, magari anche costosi, ma non pregiudicano affatto la stagione estiva», ha continuato.
Il tentativo, però, è uno solo: «Tornare a battere cassa chiedendo di poter imporre le agenzie di sicurezza, all'interno delle quali c'è capitale umano proveniente dai clan. Stiamo attenti - è il monito di Mortellaro - perché se queste organizzazioni si radicano sono dolori per tutti». Il rischio è quello di divenire terra di conquista.
Per gli investigatori, i quattro roghi in 24 giorni da Bisceglie a Giovinazzo passando per Molfetta hanno le caratteristiche di un messaggio intimidatorio, anche se sinora non c'è alcuna richiesta estorsiva. Il primo episodio è avvenuto a Giovinazzo, ai danni del cocktail bar Fronte del Porto, il 2 aprile, lo stesso giorno in cui ha preso fuoco il Satori Mystical Sensations Land, mentre il 10 aprile è stato il lido e ristorante Tuka Beach, a Bisceglie, il teatro di un tentativo di danneggiamento.
Venerdì 26 aprile, infine, un altro rogo ha colpito il neonato Sacro, a Molfetta. «Bisceglie, Giovinazzo e Molfetta - ha spiegato Mortellaro - avevano organizzazioni criminali autoctone di riferimento che lavoravano anche da trent'anni su quei territori. Non hanno mai imposto le estorsioni per il semplice fatto che l'estorsione è percepita spesso come un reato odioso da chi lo subisce e, quindi, nessuna organizzazione fortemente radicata ha voglia di essere percepita in questo modo».
Nel frattempo, però, «quelle organizzazioni sono state polverizzate dalle inchieste, dalle operazioni giudiziarie e molto spesso sono state sostituite da personale criminale poco qualificato. In quell'iniziale vuoto di potere chi era scampato a quei blitz - ha detto ancora Mortellaro - ha provato a rimettere su qualcosa, ma non ha i contatti, non ha il know-how e non ha le forze per rispondere alla domanda qualificata di stupefacenti. E quindi si rivolge a Bari perché da Bari si rifornisce».
I clan del capoluogo, dunque, «da cinque anni presidiano questi territori con i loro "guastatori". Osservano, valutano, riforniscono i territori e spesso suppliscono alla domanda quando gli autoctoni non ce la fanno», è il ragionamento di Mortellaro. I roghi non hanno causato un danno totale, ma gli arredi si sono sciolti sotto il fuoco. Incendi di questo tenore «sono fastidiosissimi per una riapertura, magari anche costosi, ma non pregiudicano affatto la stagione estiva», ha continuato.
Il tentativo, però, è uno solo: «Tornare a battere cassa chiedendo di poter imporre le agenzie di sicurezza, all'interno delle quali c'è capitale umano proveniente dai clan. Stiamo attenti - è il monito di Mortellaro - perché se queste organizzazioni si radicano sono dolori per tutti». Il rischio è quello di divenire terra di conquista.
Quattro episodi in 24 giorni
L'analisi del criminologo Domenico Mortellaro in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook: clicca qui.