Arrestati due Carabinieri. Cairo: «Fatti gravi». Depalma: «Fiducia nell'Arma»
Il comandante provinciale specifica: «Non siamo dinanzi ad una sentenza, ma ad un provvedimento»
sabato 20 giugno 2020
10.25
Avrebbero preso denaro e regali in cambio di informazioni sulle indagini e sui controlli: è l'accusa in base alla quale sono stati arrestati due Carabinieri in servizio a Giovinazzo, di 51 e 50 anni - quest'ultimo di Molfetta - nell'inchiesta che vede coinvolti anche il 41enne Mario Del Vecchio ed un commerciante 39enne.
È quanto hanno ricostruito i Carabinieri del Nucleo Investigativo, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, che hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare in carcere, firmate dal giudice per le indagini preliminari Marco Galesi, su richiesta del sostituto procuratore Federico Perrone Capano. Le accuse sono molto pesanti: gli arrestati rispondono a vario titolo dei reati di partecipazione, organizzazione e concorso esterno in associazione mafiosa.
«Si tratta di fatti gravissimi» è il commento rilasciato dal comandante provinciale dei Carabinieri, il colonnello Fabio Cairo. «L'operazione, tuttavia, rivela la volontà da parte dell'amministrazione di fare luce anche sui fatti che avvengono al proprio interno, tutelando il lavoro di militari onesti che svolgono il proprio lavoro nel silenzio» aggiunge. E specifica: «Non siamo dinanzi ad una sentenza, ma ad un provvedimento, benché comunque assunto su fatti di natura molto grave».
In città la notizia è stata accolta con particolare sgomento. La fiducia nell'operato dei Carabinieri, tuttavia, non è in discussione. «Confidiamo nelle indagini della magistratura per far luce su questa gravissima vicenda e debellare Giovinazzo dalle infiltrazioni dei clan mafiosi» ha affermato il sindaco Tommaso Depalma. «L'indagine riguarda anche due Carabinieri, ma è altrettanto vero che sono stati altri Carabinieri a far partire le indagini» ha concluso il primo cittadino.
«Vogliamo continuare ad immaginare - scrive invece Forza Italia Giovinazzo - che tutti i cittadini si sentano protetti quando incontrano una divisa, che si sentano tutelati quando si rivolgono alle forze dell'ordine per segnalare reati o fatti gravi. Confidiamo, altresì, che la verità venga a galla, che i responsabili vengano isolati e perseguiti, affinché l'onorabilità delle divise delle nostre forze dell'ordine e dei valori che esse rappresentano resti integra a tutela della collettività».
«Oggi il mondo pare girare alla rovescia - scrive il Partito Democratico -. E allora è il momento di stringerci ancor più come comunità per difenderne i valori, quelli buoni, quelli attorno ai quali si costruisce la credibilità di un paese che vuole realmente diventare un porto sicuro e accogliente per tutti coloro che decidano di metterci piede; con fermezza, con convinzione, ma anche con la consapevolezza che in questo momento la città non ride più!».
Secondo PrimaVera Alternativa, invece, «al di là degli sviluppi giudiziari e senza voler fare di tutta l'erba un fascio - si legge su Facebook - quello tratteggiato dagli inquirenti è uno scenario inquietante che sembrerebbe protrarsi senza soluzione di continuità dal 2012; una scandalosa commistione in cui chi dovrebbe vigilare è complice ed al servizio di pericolosissimi sodalizi criminali; un racconto in cui le forze del male hanno le sembianze (e le divise) delle forze del bene».
Sinistra Italiana, invece, ringrazia «le istituzioni che hanno indagato per scoprire la trama che addirittura dal 2012 veniva tessuta alle nostre spalle, ma al tempo stesso ci chiediamo come fare a sentirci tranquilli in una città dove il primo commento viene speso per osannare il comandante "Ultimo" e non per chiedere l'intervento del Prefetto. L'auspicio è che questo passaggio sia stato fatto senza annunci. Se così non fosse scenderemo in piazza a chiederlo noi».
«Da anni e per anni - dice il Comitato per la Salute Pubblica - un sodalizio criminale si era instaurato tra malavita comune, un commerciante, altrimenti chiamato "società civile", e esponenti delle forze dell'ordine. Per anni, questo patto ha retto a suon di quattrini, tanti, e distorto la vita cittadina. Stando alle notizie filtrate, il tutto si muoveva su una ruota finanziaria robusta che non poteva oliarsi e reggere solo grazie a quei singoli finora caduti nella rete della giustizia».
A condurre le indagini sono stati i militari del Nucleo Investigativo diretti dal maggiore Stefano Invernizzi: sono stati loro - grazie alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che avrebbero rivelato il ruolo dei quattro protagonisti di questa vicenda - a fare piena luce su questioni gravi, nell'ambito di un'indagine più ampia.
È quanto hanno ricostruito i Carabinieri del Nucleo Investigativo, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, che hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare in carcere, firmate dal giudice per le indagini preliminari Marco Galesi, su richiesta del sostituto procuratore Federico Perrone Capano. Le accuse sono molto pesanti: gli arrestati rispondono a vario titolo dei reati di partecipazione, organizzazione e concorso esterno in associazione mafiosa.
«Si tratta di fatti gravissimi» è il commento rilasciato dal comandante provinciale dei Carabinieri, il colonnello Fabio Cairo. «L'operazione, tuttavia, rivela la volontà da parte dell'amministrazione di fare luce anche sui fatti che avvengono al proprio interno, tutelando il lavoro di militari onesti che svolgono il proprio lavoro nel silenzio» aggiunge. E specifica: «Non siamo dinanzi ad una sentenza, ma ad un provvedimento, benché comunque assunto su fatti di natura molto grave».
In città la notizia è stata accolta con particolare sgomento. La fiducia nell'operato dei Carabinieri, tuttavia, non è in discussione. «Confidiamo nelle indagini della magistratura per far luce su questa gravissima vicenda e debellare Giovinazzo dalle infiltrazioni dei clan mafiosi» ha affermato il sindaco Tommaso Depalma. «L'indagine riguarda anche due Carabinieri, ma è altrettanto vero che sono stati altri Carabinieri a far partire le indagini» ha concluso il primo cittadino.
«Vogliamo continuare ad immaginare - scrive invece Forza Italia Giovinazzo - che tutti i cittadini si sentano protetti quando incontrano una divisa, che si sentano tutelati quando si rivolgono alle forze dell'ordine per segnalare reati o fatti gravi. Confidiamo, altresì, che la verità venga a galla, che i responsabili vengano isolati e perseguiti, affinché l'onorabilità delle divise delle nostre forze dell'ordine e dei valori che esse rappresentano resti integra a tutela della collettività».
«Oggi il mondo pare girare alla rovescia - scrive il Partito Democratico -. E allora è il momento di stringerci ancor più come comunità per difenderne i valori, quelli buoni, quelli attorno ai quali si costruisce la credibilità di un paese che vuole realmente diventare un porto sicuro e accogliente per tutti coloro che decidano di metterci piede; con fermezza, con convinzione, ma anche con la consapevolezza che in questo momento la città non ride più!».
Secondo PrimaVera Alternativa, invece, «al di là degli sviluppi giudiziari e senza voler fare di tutta l'erba un fascio - si legge su Facebook - quello tratteggiato dagli inquirenti è uno scenario inquietante che sembrerebbe protrarsi senza soluzione di continuità dal 2012; una scandalosa commistione in cui chi dovrebbe vigilare è complice ed al servizio di pericolosissimi sodalizi criminali; un racconto in cui le forze del male hanno le sembianze (e le divise) delle forze del bene».
Sinistra Italiana, invece, ringrazia «le istituzioni che hanno indagato per scoprire la trama che addirittura dal 2012 veniva tessuta alle nostre spalle, ma al tempo stesso ci chiediamo come fare a sentirci tranquilli in una città dove il primo commento viene speso per osannare il comandante "Ultimo" e non per chiedere l'intervento del Prefetto. L'auspicio è che questo passaggio sia stato fatto senza annunci. Se così non fosse scenderemo in piazza a chiederlo noi».
«Da anni e per anni - dice il Comitato per la Salute Pubblica - un sodalizio criminale si era instaurato tra malavita comune, un commerciante, altrimenti chiamato "società civile", e esponenti delle forze dell'ordine. Per anni, questo patto ha retto a suon di quattrini, tanti, e distorto la vita cittadina. Stando alle notizie filtrate, il tutto si muoveva su una ruota finanziaria robusta che non poteva oliarsi e reggere solo grazie a quei singoli finora caduti nella rete della giustizia».
A condurre le indagini sono stati i militari del Nucleo Investigativo diretti dal maggiore Stefano Invernizzi: sono stati loro - grazie alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che avrebbero rivelato il ruolo dei quattro protagonisti di questa vicenda - a fare piena luce su questioni gravi, nell'ambito di un'indagine più ampia.