Ancora sequestro di datteri a Molfetta: in azione la Guardia Costiera
Pesca illegale lungo il litorale a nord: sequestrati 5,9 chili di datteri, denunciati due pescatori di frodo
mercoledì 13 maggio 2020
11.32
Sequestrati 5,9 chilogrammi di datteri di mare (Lithophaga lithophaga) dal personale della Capitaneria di Porto - Guardia Costiera di Molfetta, frutto di un'attività di pesca illegale lungo il litorale che si estende a nord del porto.
L'operazione condotta con il coordinamento del 6° Centro di Controllo Area pesca della Direzione Marittima di Bari, fa seguito ad analoga attività ispettiva svolta nello scorso mese di aprile, quando furono sequestrati 17,1 chilogrammi di prodotto. Questa volta, i militari hanno sorpreso due soggetti che avevano appena sbarcato i datteri, molluschi bivalvi la cui pesca è severamente vietata in quanto appartenenti ad una specie protetta ai sensi della direttiva Habitat 92/43/CEE.
I responsabili, non nuovi a questo genere di attività, sono stati deferiti all'Autorità Giudiziaria per violazione del regolamento comunitario relativo alla pesca nel Mediterraneo (Reg. CE 1967 del 2006, art. 8) e della legge sulla pesca (decreto legislativo n. 4 del 2012, art.7), con l'ulteriore ipotesi di reato di inquinamento ambientale (art. 452 bis del codice penale), in relazione al danno cagionato all'ecosistema marino (art. 300 del decreto legislativo 152 del 2006).
Infatti, per raccogliere il dattero di mare, che già di per sé è specie protetta e vulnerabile in quanto impiega tempi lunghissimi per crescere (anche 80 anni per raggiungere la lunghezza di 8 centimetri) e scavare la propria tana all'interno delle rocce calcaree sommerse dove vive, è necessario asportare gli strati di roccia superficiali, dove appunto si trovano gli esemplari.
Questo significa alterare e soprattutto distruggere in modo irreparabile l'habitat naturale di questa specie, ma nello stesso tempo anche asportare la ricca comunità (biocenosi) di flora e fauna che trova il proprio ambiente di vita sulle medesime formazioni rocciose, con grave danno complessivo alla biodiversità ed all'equilibrio dell'ecosistema.
Ma non basta. Gli studi scientifici hanno evidenziato che i danni all'ambiente naturale conseguenti alla pesca del dattero di mare sono irreversibili in natura, poiché sulle rocce frantumate dall'attività di prelievo non riesce a recuperare la comunità originaria, portando al fenomeno della desertificazione dei fondali, ovviamente tanto più grave quanto più estesa è la pesca illegale.
Il prodotto posto sotto sequestro penale è stato subito distrutto e rigettato in mare, come da normativa vigente, da parte dei militari della Capitaneria di Porto di Molfetta che sottolinea l'importanza, per la tutela dell'ambiente, di non consumare datteri di mare, a protezione della specie protetta e dell'ecosistema.
L'operazione condotta con il coordinamento del 6° Centro di Controllo Area pesca della Direzione Marittima di Bari, fa seguito ad analoga attività ispettiva svolta nello scorso mese di aprile, quando furono sequestrati 17,1 chilogrammi di prodotto. Questa volta, i militari hanno sorpreso due soggetti che avevano appena sbarcato i datteri, molluschi bivalvi la cui pesca è severamente vietata in quanto appartenenti ad una specie protetta ai sensi della direttiva Habitat 92/43/CEE.
I responsabili, non nuovi a questo genere di attività, sono stati deferiti all'Autorità Giudiziaria per violazione del regolamento comunitario relativo alla pesca nel Mediterraneo (Reg. CE 1967 del 2006, art. 8) e della legge sulla pesca (decreto legislativo n. 4 del 2012, art.7), con l'ulteriore ipotesi di reato di inquinamento ambientale (art. 452 bis del codice penale), in relazione al danno cagionato all'ecosistema marino (art. 300 del decreto legislativo 152 del 2006).
Infatti, per raccogliere il dattero di mare, che già di per sé è specie protetta e vulnerabile in quanto impiega tempi lunghissimi per crescere (anche 80 anni per raggiungere la lunghezza di 8 centimetri) e scavare la propria tana all'interno delle rocce calcaree sommerse dove vive, è necessario asportare gli strati di roccia superficiali, dove appunto si trovano gli esemplari.
Questo significa alterare e soprattutto distruggere in modo irreparabile l'habitat naturale di questa specie, ma nello stesso tempo anche asportare la ricca comunità (biocenosi) di flora e fauna che trova il proprio ambiente di vita sulle medesime formazioni rocciose, con grave danno complessivo alla biodiversità ed all'equilibrio dell'ecosistema.
Ma non basta. Gli studi scientifici hanno evidenziato che i danni all'ambiente naturale conseguenti alla pesca del dattero di mare sono irreversibili in natura, poiché sulle rocce frantumate dall'attività di prelievo non riesce a recuperare la comunità originaria, portando al fenomeno della desertificazione dei fondali, ovviamente tanto più grave quanto più estesa è la pesca illegale.
Il prodotto posto sotto sequestro penale è stato subito distrutto e rigettato in mare, come da normativa vigente, da parte dei militari della Capitaneria di Porto di Molfetta che sottolinea l'importanza, per la tutela dell'ambiente, di non consumare datteri di mare, a protezione della specie protetta e dell'ecosistema.