A Molfetta «ci sono gruppi riconducibili ai clan Capriati e Mercante-Diomede»

Lo certifica l'Antimafia che parla anche dell'operazione "Kulmi" e dell'arresto «in mare, a Molfetta, di due scafisti»

venerdì 26 febbraio 2021
A cura di Nicola Miccione
A Molfetta «si rileva la presenza di gruppi criminali riconducibili agli alleati clan Capriati e Mercante-Diomede», dediti principalmente al traffico di stupefacenti, alle estorsioni ed alla gestione del gioco d'azzardo. Ecco la foto della Direzione Investigativa Antimafia relativa al primo semestre 2020, in piena pandemia.

«In provincia di Bari - si legge sul dossier - la stretta contiguità territoriale e la comunanza d'interessi con le grandi consorterie mafiose del capoluogo continuano a caratterizzare le vicende criminali dei gruppi operanti in provincia, dove il controllo, a cura delle maggiori strutture mafiose del capoluogo, si esercita attraverso fidati referenti e riti di affiliazione: i clan dimostrano una forte propensione a rigenerarsi continuamente nonostante l'incessante azione repressiva dello Stato».

Nel capoluogo pugliese ed in provincia il traffico di sostanze stupefacenti resta una delle principali risorse per la criminalità organizzata che sfrutta i canali di approvvigionamento sia nazionali sia esteri, dimostrando un'elevata propensione alla collaborazione con organizzazioni straniere, soprattutto albanesi. Peraltro, queste ultime riescono a gestire, anche in forma autonoma, una fetta di mercato criminale senza sovrapporsi alla criminalità autoctona», si legge a pagina 254.

Ulteriore conferma di ciò proviene dagli esiti dell'operazione "Kulmi", del 30 giugno 2020 condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia e che portò all'arresto di 37 persone, 3 delle quali residenti a Molfetta, ed al sequestro di beni per 4 milioni di euro: il particolare strumento investigativo transnazionale ha consentito agli investigatori baresi e albanesi di effettuare approfondimenti avvalendosi del ruolo di coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.

La vicenda riflessa nell'indagine «restituisce l'immagine - è scritto a pagina 390 - di una perdurante attività delittuosa riferibile a un gruppo criminale organizzato dedito al narcotraffico tra l'Albania e la Puglia operante a Bari e provincia e con ramificazioni, oltre che in Albania e Puglia, in Basilicata. Dalle attività investigative è emerso che per il trasporto internazionale, "via mare" e "via terra", venivano utilizzati gommoni oceanici, autocaravan equipaggiati sull'asse Albania-Puglia».

A seguito dello sbarco lungo le coste pugliesi lo stupefacente veniva custodito presso immobili di proprietà di pluripregiudicati locali per poi essere smerciato in tutto il territorio nazionale. «Novità assoluta di questa indagine è rappresentata dall'attività degli investigatori italiani, quando si è proceduto all'arresto, a Saranda (Albania), di una coppia barese che aveva il compito di trasferire a Bari un camper recante mezza tonnellata di stupefacente destinato al mercato italiano».

L'attività investigativa, avvalorata dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, ha consentito di effettuare ulteriori riscontri utili per delineare le modalità operative seguite dal sodalizio. In particolare, venivano bloccati in mare, a poche miglia dalla costa di Molfetta - si legge a pagina 390 - due scafisti provenienti dall'Albania con oltre una tonnellata di marjuana, inoltre, il deposito veniva individuato nel territorio di Savelletri con all'interno oltre 700 chilogrammi di droga».

Ma la criminalità potrebbe cercare di valorizzare pure altri settori. Per concludere «il territorio continua a essere interessato da rapine (non sempre eventi isolati), anche se, in un momento storico connotato dall'emergenza pandemica, il fenomeno ha subito una flessione come accaduto anche per gli altri reati predatori».