100 euro ai pescatori che salvano le tartarughe, i centri di recupero scrivono al Ministero

«Un gravissimo errore pagare per il recupero delle tartarughe marine». Si vanificano decenni di buone pratiche

giovedì 20 febbraio 2020
A cura di Nicola Miccione
Iniziativa inopportuna, assunta senza un preventivo confronto con altri operatori del settore, potenzialmente dannosa nelle sue conseguenze immediate ed a lungo termine.

È impietoso il giudizio che 23 strutture, tra centri di recupero, Università e altre strutture che a vario titolo si occupano di tartarughe hanno dato dell'iniziativa del Consorzio di Gestione dell'Area Marina Protetta di Porto Cesareo che ha stanziato un fondo (1.000 euro in totale) per destinare 100 euro a ciascuna barca di pescatori professionisti che collabori al recupero di una tartaruga marina in difficoltà e consegni l'animale ancora in vita.

Il dissenso è stato espresso in modo formale attraverso una lettera inviata ai Ministeri dell'Ambiente e delle Politiche Agricole e indirizzata per conoscenza anche a ISPRA e alla Regione Puglia.

Nel testo si sottolinea «l'assoluta inadeguatezza di tale provvedimento. Si tratta a nostro avviso di una sconsiderata forma di ricompensa non giustificata sul piano tecnico e tantomeno su quello etico. Questo "sussidio" rischia di creare un precedente pericoloso e inopportuno, mettendo seriamente in difficoltà tutti i centri recupero tartarughe marine nei loro rapporti con i pescatori che incorrono nella cattura accidentale di una tartaruga, rapporti coltivati con anni di fatica e sacrificio».

«La "ricompensa" rischia altresì di vanificare anni di lavoro spesi nella formazione dei pescatori sulle buone prassi, sulla salvaguardia delle tartarughe e più in generale dell'ambiente marino". "L'Italia - si ricorda - è stato uno dei primi paesi ad aver avviato un costruttivo rapporto di collaborazione con i pescatori al fine di mitigare l'impatto della pesca sulle tartarughe marine (anni 1980, progetto tartarughe WWF - Sapienza Università Roma)».

E ancora si sottolinea come «la eventuale monetarizzazione potrebbe far aumentare il tasso di cattura e la mortalità con effetti contrari agli obiettivi di tutela e di salvaguardia che si vogliono perseguire. A fronte inoltre del gran numero di individui catturati (nell'ordine di migliaia se non decine di migliaia solo in Italia) la retribuzione non potrebbe tra l'altro durare a lungo né avere ampia estensione geografica».

Gli incentivi, quando ci sono denari a disposizione, potrebbero e dovrebbero essere ben più proficuamente impiegati per azioni di sensibilizzazione e formazione e per favore «l'utilizzo di sistemi di pesca a basso impatto, volti a migliorare la qualità e quantità del pescato e a ridurre al minimo gli impatti sia sulle tartarughe che sugli attrezzi di pesca".

È palese del resto che le azioni di tutela e conservazione per specie così sensibili sono possibili solo attraverso l'adozione di politiche condivise tra tutti gli Enti coinvolti e che gli effetti che potrebbero avere le azioni intraprese vanno accuratamente valutate prima di commettere errori. Alla luce di queste considerazione si chiede ai destinatari della lettera, ciascuno per le proprie competenze, di intervenire per impedire che le buone intenzioni se mal indirizzate possono creare solo danno.

La lettera è stata sottoscritta, a dimostrazione di un dissenso generalizzato, da tantissimi tra coloro che a vario titolo si occupano in Italia di tartarughe marine, a cominciare da coloro che stanno cercando proprio in queste settimane, di dar vita a una Rete Adriatica del settore, ovvero il WWF Molfetta.