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La storia del convento di Santa Teresa a Molfetta

Sorgeva a ridosso di Piazza Vittorio Emanuele

L'Archivio di Stato di Bari conserva un grosso volume manoscritto catalogato come"Stallone della fondazione del Monastero di San Domenico" (1724) in cui si racconta di un complesso monastico, situato nella città di Molfetta; si tratta del dimenticato monastero di Santa Teresa, ormai da anni andato distrutto insieme alla omonima chiesa.

La fondazione avvenne nel diciottesimo secolo, per interessamento dei fratelli Majorani che fecero una cospicua donazione comprendete mobili di ottima fattura, suppellettili pregiate e monete di oro e d'argento. Per consuetudine, ma anche per selezionare socialmente le novizie, si stabilirono delle norme per poter entrare in monastero: le fanciulle intenzionate a prendere il velo, dovevano infatti presentarsi con una dote di 400 ducati (somma però soggetta a variazioni per volere vescovile). Inoltre l'ingresso non era riservato solo alle ragazze di nobile nascita, ma anche a quelle prive del titolo, nate però da genitori onesti ed educate al timore di Dio. Questa disposizione sembra trovare conferma nei documenti d'archivio poiché i cognomi delle monache, qui registrati, non sembrano appartenere alla nobiltà (che indirizzava le giovani piuttosto verso la comunità benedettina di San Pietro), ma alla borghesia cittadina.

L'insediamento ufficiale di un monastero di domenicane avvenne però solo alla fine del diciottesimo secolo, il 6 dicembre 1794, per diretto interessamento del vescovo di Molfetta, mons. Gennaro Antonucci. Questi tra le altre cose, provvide ad affidare la comunità a due monache anziane provenienti da Matera, Suor Maria Benigna Padula e suor Maria Agnese de Lena.
Per quanto attiene alle strutture architettoniche conventuali, di questa costruzione esistono nella bibliografia locale delle curiose menzioni, secondo le quali essa non solo sarebbe sorta sul luogo dell'antico Castello dei Gonzaga, ma addirittura ne avrebbe recuperato le stesse pietre.
Fra le diverse testimonianze, si segnala quella di De Luca (1885), il quale indica "...alcuni forti che precedevano e difendevano da ponente un gran castello del quale oggi s'osserva a settentrione una parte di fortissima facciata, essendo il rimanente modellato coll'interno ad uso di un convento per le suore Domenicane che vi dimoravano". Più che un simbolico riciclaggio, si è dunque trattato di un totale riassetto della zona, su cui indubbiamente insisteva una parte delle fortificazioni. cinquecentesche e dove si apriva una delle porte di ingresso della città, la cosiddetta "porticedde".

Nulla invece sappiamo dell'assetto architettonico del monastero salvo che era prospiciente all'attuale Piazza Vittorio Emanuele. Le visite pastorali dei vescovi Caracciolo (1821) e Costantini (1838) ci parlano soltanto della chiesa.
L'unica descrizione dettagliata del monastero delle domenicane, risale al 1861 ed è riportata in un documento del 31 marzo 1900, data in cui il Comune di Molfetta chiese ed ottenne dal Fondo per l'amministrazione di Culto, di poter occupare il giardino le fabbriche dell'ex convento delle monache e la chiesa. Il giardino, si specifica "ha forma trapezoidale...vi si accede per una porta dall'interno del monastero...e confina l'orto predetto da levante con la casa del sig. Raffaele Fontana ed orto di Panunzio cav. Giovanni, da ponente via Margherita di Savoia, da mezzogiorno via Torre del Pane, e da settentrione con il fabbricato dello stesso Monastero".
Nel convento, che si dice fosse destinato a sede dell'istruzione elementare, vivevano all'epoca della ricognizione 7 religiose di Santa Teresa e altre 4 monache benedettine. In un primo momento si rifiutarono di abbandonare la sede, ma poi furono costrette ad andare via, sopravvivendo con una sola piccola pensione.
La descrizione continua, e si sofferma ora sul complesso monastico: "Il monastero di Santa Teresa è situato in questo Mandamento dalla parte di Ponente in un un luogo detto di Cavalletti, da Levante con quello disabitato detto Porticella o Forticella, da mezzogiorno con la strada che conduce in campagna detta Torre del sale, e da settentrione con l'estremo della strada detta di San Gennaro, è composto di un parlatorio, esterno ed interno con una stanza, ed il refettorio che anche si compone di altre due stanze piccole: d'un corridoio che gira intorno al chiostro, un lato del quale mette alla sagrestia ed al confessionale: sette stanzine, quattro delle quali servono per la dispensa e tre per la lavanda: una scalinata che mena al quarto superiore, il quale è composto da tre corridoi, dei quali due contengono stanze numero vinticinque abitate dalla religiose, delle quali stanze n. 17 furon fabbricate a spese del Monistero ed otto a spese delle famiglie particolari per la monacazione delle donzelle appartenenti alle medesime; il terzo corridoio gira intorno alla chiesa; avvi un educandato, due piccole loggette, una grata che mena al cosiddetto Belvedere: vi è una piccola Chiesa e finalmente un piccolo giardinetto". Da questa testimonianza emerge dunque che il monastero doveva essere parecchio grande, con chiostro, refettorio, stanze adibite a dispensa, educandato, alloggi per le monache, e paradossalmente oggi non ne è rimasta alcuna traccia, quasi per una strana legge del contrappasso.

Una piccola curiosità: si è detto dunque che sul monastero c'era il cosiddetto "Belvedere" forse una sorta di altana panoramica. Sappiamo inoltre da questo documento che molte stanze avevano loggette e balconi, che però erano interdetti alle monache e alle converse, soprattutto perché in contatto visivo con il vicino convento osservante maschile di San Bernardino.
Fonti Bibliografiche:
Antonia Abbattista, Le domenicane a Molfetta: Il monastero e la distrutta chiesa di S. Teresa, in Luce & Vita 2/89
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