Torri Gemelle
Torri Gemelle

Vent'anni dall'attentato alle Torri Gemelle: il ricordo di un molfettese d'America

Pasquale De Ruvo era su un cantiere a poca distanza dal World Trade Center

Ricorre oggi il ventesimo anniversario da quel giorno che in un modo o nell'altro ha cambiato la storia degli Stati Uniti e, più in generale, di tutto il mondo. Le immagini dello schianto degli aerei dirottati dai terroristi al-Qaeda sulle Torri Gemelle e poi sul Pentagono rimarranno per sempre nella memoria di tutti coloro che quel giorno accesero la tv e vissero in diretta quei momenti irreali e allo stesso spaventosi.

Un attacco al cuore dell'America e del mondo occidentale, un colpo che ha scosso per sempre migliaia di vite collegate in modo più o meno diretto alle 2.977 vittime di quella immane tragedia. E pensare che tantissimi civili che persero la vita in quell'11 settembre 2001 non hanno ancora un nome: secondo l'emittente Abc, in 20 anni l'Office of Chief Medical Examiner di New York ha identificato in maniera certa solo 1.647 persone, dunque circa il 40% dei morti di Ground Zero è addirittura privo di identità.

E pensare che in quel martedì di metà settembre tutto si è svolto nel giro di appena 102 minuti, poco meno di due ore: il volo American Airlines 11 in viaggio da Boston a Los Angeles colpì la prima torre a New York intorno alle 8.46 (ora locale). Diciassette minuti dopo, il volo United Airlines 175, anch'esso diretto da Boston a Los Angeles, colpì la torre sud. Quest'ultima è crollata in appena dieci secondi alle 9.59. La torre nord, invece, collassò alle 10.28.

Un uomo di Molfetta, parte della grande comunità molfettese d'America, quella mattina stava lavorando in un cantiere a pochissima distanza dal punto esatto dell'attentato: «Avevo le Torri Gemelle davanti ai miei occhi - racconta Pasquale De Ruvo - perché noi eravamo semplicemente sull'altra sponda del fiume Hudson. A un certo punto, ho visto un mio collega urlare indicandomi la torre in fiamme. Non potevamo minimamente immaginare quello che stava succedendo, infatti in un primo momento abbiamo tutti pensato a un cortocircuito che poteva aver innescato un incendio ai piani alti. A conferma della nostra idea, quando abbiamo visto il secondo aereo in direzione del Word Trade Center abbiamo pensato fosse un canadair che trasportava acqua per spegnere l'incendio».

«Abbiamo iniziato a comprendere la situazione quando quell'aereo si è schiantato contro l'altra torre - aggiunge Pasquale - e in pochi secondi è letteralmente scattato il panico, sembrava tutto così assurdo. All'inizio non sapevamo neanche come comportarci, cosa fare, perché eravamo quasi impietriti da ciò che avevano davanti agli occhi. Quando la prima torre è crollata, ci siamo allontanati dal cantiere dove ci trovavamo. Mi sono messo in auto per tornare a Wood-Ridge, dove vivevo. Un viaggio che di norma dura circa 30 minuti, quel giorno durò più di quattro ore perché il traffico di tutta l'area era totalmente congestionato».

«Andai subito a prendere mia figlia da scuola e ricordo bene quante lacrime ho versato quel giorno per questo evento che ha stravolto le nostre vite. Per diversi giorni il nostro cantiere divenne una base sanitaria d'emergenza per i soccorsi a feriti e vittime. Eravamo abituati a sentire ogni 5 minuti il rumore di un aereo in volo e per giorni invece tutto tacque. Sono immagini molto forti da ricordare e che non passeranno mai dalla mia mente» conclude.
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